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| Durante il recente Lucca Comics & Games 2012 la Camera di commercio ha ospitato la presentazione in anteprima del libro Storia dell'animazione giapponese di Guido Tavassi, edito da Tunué. Sono intervenuti l'autore Guido Tavassi e i saggisti Marco Pellitteri e Luca Raffaelli, che hanno dato vita a un interessante dibattito sui contenuti del volume, e che vi proponiamo di seguito per intero:
Raffaelli: Premettiamo che hai fatto un libro straordinario. Appena tre giorni fa ero in Cina per partecipare a un Festival dell'Animazione: ci si rende conto che i cinesi, pur organizzando rassegne a tema, sentono enormemente il peso dell'animazione giapponese e non hanno ancora il coraggio di mostrare al mondo i loro film. D'altronde lo sviluppo dell'immaginifica animazione nipponica deriva dalla sconfinata libertà creativa che è stata loro consentita, e che in Cina al momento non c'è.
Raffaelli: Come ti è venuta l'idea per un libro del genere? Tavassi: Sono un appassionato della prima generazione. Da quel carico emotivo mi son poi sganciato, ma ne ho fatto un oggetto di curiosità più ampia, di tipo scientifico. Il mio obiettivo ad un certo punto è stato quello di conoscere e individuare i confini dell'animazione giapponese, e pertanto di trovare fonti, di studiarle. Durante la mia ricerca ho poi scoperto che le fonti sono lacunose, per quanto esistano tanti testi critici, monografie, database, e addirittura testi storici come quello di Grandoni, pur senza un apparato bibliografico vero e proprio, indispensabile a un'opera che si voglia proporre a una comunità di ricercatori e studiosi. Proprio quest'ultimo l'ho utilizzato come traccia, ma con parsimonia, pur comprendendo bene che c'era bisogno di un testo come il suo. In un certo senso, servivano quindi gli strumenti per abbracciare pienamente questo fenomeno. Il testo è pertanto nato da una sorta di urgenza o di necessità: quella di riempire una lacuna. Se infatti non si può dire che manchino, in ambito italiano, trattazioni sull'animazione giapponese, esse risultano in qualche modo inadatte a fungere il ruolo di base solida per chi voglia avventurarsi in una ricerca, e questo è quanto il libro si propone di essere. Ancora, ciò che ho trovato in altri testi, invece, mi ha frustrato al punto da spingermi a scrivere questo libro. Ho impiegato quattro anni per riuscire a documentare il libro. Pensavo di conoscere l'animazione nipponica, invece in definitiva mi sono reso conto che avevo sì una passione, ma non la conoscevo. Ora l'ho scoperta. Poi sono entrato in contatto con Pellitteri, che mi ha spinto ad approfondire e scavare ulteriormente il mio lavoro. In buona sostanza, dopo averlo conosciuto sono ripartito da capo, compiendo un entusiasmante percorso critico parallelo sull'animazione non mainstream.Read the whole post...
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